La corretta definizione è Carybdea marsupialis , ma volgarmente è definita Cubozoa o Cubomedusa l'animale più pericoloso del pianeta.
Appartiene alla classe dei celenterati dell'ordine dei Cnidari e deve il suo nome alla particolare forma cubica della campana, da dove si diramano 4 lunghi tentacoli dieci volte più grandi del resto del corpo.
Ne esistono circa 20 specie che vivono perlopiù nell’Oceano Pacifico e in quello Indiano, ma alcune meno velenose si possono incontrare anche nel Mar Mediterraneo.
La Cubozoa è una delle pochissime meduse dotata di ropalio, vale a dire un organo sensoriale capace di conferire all’animale un perfetto senso dell’orientamento utile a raggiungere la preda.
Ad ogni modo non è questa la parte più interessante della cubomedusa.
Sono, invece, conosciute per l’elevato potere tossico del veleno contenuto nei nematocisti, piccoli organi urticanti presenti nei tentacoli. Il contatto con i suoi filamenti provoca al mal capitato uno shock anafilattico immediato: le tossine attaccano cuore, sistema nervoso e cellule della pelle.
Il dolore è talmente intenso che la persona colpita va in shock e nella paggior parte dei casi viene colpita da infarto prima di riuscire a raggiungere la riva. La morte in questi casi è molto frequente.
Per questa ragione quando ci si immerge nei mari tropicali dell’Australia è consigliato di indossare mute protettive, evitando soluzioni smanicate o sgambate.
Ad ogni modo è bene ricordare che Il veleno della C. è termolabile, vale a dire che il suo effetto regredisce a contatto con fonti di calore, pertanto se non si dispone di una apposita pomata è opportuno cospargere immediatamente la ferita con della sabbia bollente o dell’acqua calda e recarsi nel più vicino presidio ospedaliero della zona per il successivo trattamento.
L'ustione simile ad una bruciatura resterà visibile sulla pelle per diverse settimane.