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ARA e ARo , termini abbandonati e dimenticati nel mondo della subacquea, eppure hanno fatto la storia.

Con l' ARA  ( Auto Respiratore ad Aria ) si identifica l'immersione subacquea così come la conosciamo oggi,  bombole e/o bombola completata da tutti gli accessori , come erogatori, GAV , computer e manometro e ovviamente maschera pinne e muta fanno parte del metodo  consciuto da tutti per esplorare il mondo marino.
Con le bombole ad aria compressa, i possibile scendere a quote intorno ai 40 metri, e l’apprendimento, di chi si avvici­na alla discesa in profondità, ri­sulta più facile ed accessibile (PADI insegna); ma non di meno sono indispensabili alcune ferree limitazioni, a garanzia della sicu­rezza del diver.

Con l'ARO (Auto Respiratore ad Ossigeno) si identifica un immersione di tipo diverso , facendo un passo indietro , l'ARO attraverso un procedimento che spiegherò più avanti, eroga Ossigeno anzichè Aria compressa, ma gli utilizzatori devono essere ben consapevoli delle limitazioni proprie del mezzo.
Successivamente un erroneo utilizzo, da parte di alcuni sportivi, fuori da detti limiti, procurò numerosi lut­ti che hanno causato un alone di estrema pericolosità. In realtà gli incidenti si dovevano attribuire all’ignoranza specifica del modo di impiego, e in generale alla scarsa informazione sulla stessa subacquea . Anche Duilio Marcante difendeva l 'utilizzo di questi tipo respiratore pur ribadendo la necessità di corsi specifici e il rispetto delle regole di sicurezza.

Differenze salienti:
L 'immersione con l 'ARA, dopo aver completato un corso base, sappiamo che ci sono dei limiti di profondità circa - 40 mt , e di autonomia, abbiamo un peso notevole da gestire sia a terra che in acqua, utilizziamo due erogatori per la sicurezza, insomma abbiamo un bel pò di roba da gestire sia durante l 'immersione e anche in manutenzione da dedicare all'attrezzatura perchè sappiamo che di mezzo c'è la nostra sicurezza e quella degli altri. Non ultimo quando siamo in immersione con le bolle di scarico durante la normale respirazione, diventiamo "visibili" anche dalla superficie oltre a fare un frastuono che si propaga sott'acqua.

L'immersione con l' ARO ,  di contro ha dei limiti di profondità, il suo utilizzo è limitato ad una quota max di -8/12 mt, respiriamo sempre un riciclo della stessa aria opportunamente "lavata" dall CO2, non emettiamo nessun tipo di bolle esternamente, restando estremamente silenziosi e invisibili sotto la superficie. Da quest'ultime affermazioni si comprende che lo scopo dell' ARO era prettamente Militare, utilizzato dagli incursori della marina già nella seconda guerra mondiale, faceva si , che gli uomini rana in immersione restavano fuori dagli occhi del nemico e potevano aggirarsi dietro le linee nemiche e restare invisibili. L'attrezzatura a differenza dell'immersione con ARA era limitata solo al sacco dell ARO comprensivo anche di boccaglio e con piccolissime bombole, quindi peso ridotto, maschera muta e pinne. Oltre ai militari solo qualche fotografo dei tempi, lo utilizzava per non essere disturbato dalle bolle che spaventavano i pesci e forse anche le loro foto.

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 Storia e Funzionamento:

La sua progettazione risale al 1876 dall'ingegno del britannico Henry Fleuss (1851-1933)[1] quando lavorava per la Siebe Gorman & Company Ltd, poi sviluppato sia dall'azienda tedesca Dräger, tuttora presente nel campo delle apparecchiature di autorespirazione, che dall'americano Charles "Swede" Momsen (1896-1967)[2] e dal britannico sir Robert Davis.

Ideato come apparecchio di respirazione per il soccorso nelle miniere invase da gas asfissianti, durante la seconda guerra mondiale tale apparecchio venne modificato ed adattato all'uso subacqueo per i primi incursori militari, i famosi Uomini Gamma della Xª Flottiglia MAS. L'ARO si dimostrò subito utile sia in campo subacqueo che sui sommergibili, per accedere ai locali in caso di fuga di cloro dalle batterie. Dal primo prototipo nacquero altri tipi perfezionati che entrarono a far parte delle principali marine militari. Infatti l'ARO si adattava benissimo agli scopi bellici per via del ridotto ingombro, lunga autonomia e soprattutto per la sua silenziosità (dovuta all'assenza di bolle al boccaglio).

In pratica l'ARO è un autorespiratore a circuito chiuso in grado di riutilizzare il gas respirato dal subacqueo. È costituito da un sacco polmone in materiale elastico, un filtro interno per l'alloggiamento della calce sodata, una o più bombole di ossigeno di piccole dimensioni (2/3 litri) raccordate al sacco per mezzo di una valvola by-pass.
Il sub inspira l'ossigeno dal polmone per mezzo di un boccaglio collegato ad un tubo corrugato collegato ad un rubinetto a due vie, poi espira sempre all'interno del sacco dove il filtro a calce sodata ha il compito di fissare chimicamente l'anidride carbonica. L'ossigeno consumato dal metabolismo porta ad una progressiva diminuzione del volume del "sacco polmone" che si ripristina prelevando ossigeno dalla bombola: manualmente tramite un dispositivo manuale detto "By-Pass" o automaticamente per mezzo di un erogatore a domanda. È fondamentale, prima dell'uso, eliminare residui d'aria sia dal sacco polmone sia dai polmoni del subacqueo stesso mediante una manovra detta "lavaggio".

Durante la Seconda Guerra Mondiale era utilizzato dalla Marina Italiana per compiere sabotaggi e porre sotto le chiglie delle navi nemiche delle mine esplosive tarate ad un tempo deciso dall'incursore.

 

 

 

 

 

 

 

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